Trovare la distanza ottimale nelle nostre relazioni è un’arte tutt’altro che facile. Si tratta di poter fare affidamento su uno spazio personale abbastanza integro e sicuro, protetto da confini sufficientemente solidi ma non troppo rigidi, per poter entrare in relazione con l’altro senza correre il rischio di farsi “inondare” (troppo vicino), oppure trovarsi eccessivamente distaccati e isolati (troppo lontano).

Risulta chiaro che si tratta di un processo mai risolto una volta per tutte, di una danza mai uguale a se stessa, durante la quale in alcuni momenti ci sentiamo esausti, in altri disorientati e confusi, in altri ancora in perfetto equilibrio, quasi in uno stato di grazia.

L’esperienza insegna che l’equilibrio è il risultato di forze contrapposte, di stati conflittuali che impariamo a contenere e integrare (piuttosto che combatterli allo scopo di eliminarli), di un processo continuo e sempre rinnovato di crescita, sbilanciamento, perdita temporanea delle sicurezze acquisite e riconquista di un nuovo stato di benessere, per poi ricominciare il ciclo ancora e ancora! Questo è quanto ci attende se desideriamo mantenerci vitali, se il continuo ciclo della vita, nelle sue fasi di espansione e contrazione, di apertura e chiusura, nel suo mistero di vita-morte-rinascita, ci interessa veramente.

Ci interessa davvero se ci preme più del potere fine a se stesso, più della sicurezza a tutti i costi, più del controllo sui nostri stati d’animo, più dell’idea che ci siamo fatti di noi stessi e che non vogliamo abbandonare per nulla al mondo, più dell’immagine di competenza che vogliamo proteggere da sentimenti di inadeguatezza e da ciò che ci fa più paura.

L’insicurezza è la condizione esistenziale dell’uomo, ma sappiamo che per chiunque è uno stato difficile con cui convivere. Alcune persone, nel corso del loro sviluppo, sono state così ferite all’interno delle relazioni d’affetto più importanti per la loro sopravvivenza emotiva, che l’intimità viene a costituire più una minaccia che una promessa di calore.

Così si “armano”, iniziano battaglie contro le persone che più sono vicine per dimostrare che sono vive, forti e in controllo di se stesse, permettendo che in queste quotidiane, interminabili guerre, rifluisca tutto il flusso vitale e si riduca, nel contempo, lo spazio in cui potrebbero respirare, arrendersi, esplorare i tesori nascosti nella loro vulnerabilità. Oppure si ritirano (“l’amore non fa per me, non sono capace di stare in una relazione”), si scoraggiano, si isolano.

Iniziare un processo di conoscenza di sé, entrare con rispetto e dolcezza in contatto con le proprie ferite senza aspettarsi di essere invulnerabili, condividere le proprie difficoltà con altre persone, sperimentare la vita del corpo e la possibilità di ampliare il proprio respiro, possono rappresentare i primi passi per affrontare aspetti della vita che ci coinvolgono tutti – l’amore e la paura- e che da sempre rappresentano la principale fonte di ispirazione degli artisti, in ogni tempo e luogo.