Centomila forse no… ma più di uno sembra proprio di sì! Il tema degli “alter ego”, vissuti come frammentazione dell’Io, è stato trattato molto spesso, nella letteratura, nelle arti e in psicologia (e anche nei fumetti).
Nel famoso romanzo di Luigi Pirandello, il protagonista, Vitangelo Moscarda (Gengé per gli amici) inizialmente ci viene presentato come un uomo del tutto comune, senza nessun genere di angoscia né esistenziale né materiale. Ma un giorno questa tranquillità viene turbata da un elemento di per sé banale, un commento pronunciato dalla moglie in riferimento al suo naso.
Da questo momento la vita del protagonista cambia completamente, poiché Gengé si rende conto di apparire agli altri in un modo molto diverso da come egli si è sempre percepito. Decide quindi di cambiare radicalmente il suo stile di vita, nella speranza di scoprire chi sia veramente, e a quale proiezione di sé corrisponda il suo animo. Nel processo di ricerca per trovare sé stesso compirà sempre più azioni contrarie alla sua natura originaria e che finiranno per farlo passare per pazzo agli occhi della comunità. Dopo molti fallimenti, ritroverà un po’ di pace solo alla fine, nel contatto intimo con la natura, rifugiatosi in un ospizio da lui stesso donato alla città.
In una visione meno “drammatica”, secondo la prospettiva di alcuni approcci psicologici (tra cui l’Analisi Transazionale), in ognuno di noi coesistono naturalmente più “stati dell’Io”, una sorta di “compagnia teatrale” dove vari personaggi si alternano sulla scena informando il nostro modo di sentire e di interagire con gli avvenimenti e con gli altri. I principali, quelli che sembrano condizionarci maggiormente, sono lo stato di Genitore, il Bambino e l’Adulto.
Il Genitore
Nel primo troviamo valori e comportamenti, “dogmi” e principi, riconducibili a figure parentali, appresi dall’individuo nel corso della sua infanzia ed adolescenza e interiorizzati, che ancora agiscono in età adulta.
Il Bambino
Lo Stato dell’Io Bambino, è invece il custode di emozioni, sentimenti, percezioni, sensazioni, e rimanda alla fase in cui l’individuo infante ha fatto il suo incontro con il mondo. E’, dunque, il luogo dei bisogni, dei desideri, della creatività e della fantasia, delle nostre passioni improvvise ed esclusive, degli innamoramenti continui.
L’Adulto
Mentre gli stati del Genitore e del Bambino sono come “registrazioni” passate interiorizzate che non hanno in se stessi la proprietà di evolvere e modificarsi, lo stato dell’Adulto è invece proprio quel “personaggio” che più ci può aiutare ad analizzare i dati di realtà, a raccogliere maggiori informazioni, ad elaborare azioni e soluzioni sulla base di quel che effettivamente è la realtà del momento.
Spesso il nostro Genitore e il nostro Bambino si trovano in uno stato conflittuale: piacere-dovere, obblighi e desideri, valori e bisogni in contrasto tra loro. Non sempre ne siamo coscienti: più spesso il conflitto viene avvertito come malessere, ansia, depressione o disturbi fisici. Semplificando molto: anche se siamo in età adulta, a volte ci troviamo – talvolta per periodi anche molto lunghi e continui, qualcuno per l’intera esistenza – “seduti sulla sedia” del Bambino e tendiamo a vedere il mondo con gli occhi dell’infante che siamo stati, nel bene e nel male, sentendoci di volta in volta vittime innocenti sempre perseguitate, inguaribili ingenui al di là di ogni buon senso, piccoli e impotenti in un mondo ostile, oppure capricciosi, egocentrici e testardi, spaventati o appassionati o sempre sbagliati.
Oppure ci comportiamo prevalentemente come se sapessimo sempre tutto di tutto, con certezze e verità preconfezionate che ci spuntano dalle tasche e ci sentiamo inclini a consigliare, pontificare e tranciare giudizi su noi stessi e sugli altri senza che mai ci sfiori un dubbio sull’esattezza della nostra visione di realtà, forse perché ci troviamo sulla “sedia del Genitore”? Quando il conflitto si intensifica e ci porta sofferenza, si vorrebbe trovare subito un modo veloce per risolvere il problema cercando di “eliminare” (non fisicamente, ma dalla nostra coscienza) uno dei due stati dell’Io. Qui può farsi avanti l’Adulto e offrirci il suo aiuto: il suo obiettivo, infatti, non è annullare il conflitto tra le diverse istanze caratteriali, ma tradurlo in un dialogo costruttivo continuo.
Quando ci troviamo nello stato dell’Adulto, non siamo interessati a lottare contro la norme indiscutibili del genitore o a reprimere la ribellione egocentrica del Bambino (o il suo adattarsi passivo alle richieste che gli pervengono dall’ambiente). L’Adulto dentro di noi non lotta: orienta. Sperimenta nuove strade per muoversi nel mondo non contro il passato o la paura del futuro bensì a partire da quel passato e da quella paura, facendo tesoro di tutti i dati (sensoriali, affettivi, razionali, normativi) che nel corso delle nostre esperienze ognuno di noi ha acquisito, proprio perché abbiamo questa storia, siamo stati quel bambino, siamo nati da quei genitori.
Basta l’età anagrafica a renderci Adulti? Sembra di no. Si tratta, piuttosto, di un processo continuo di crescita, di un impegno assunto con noi stessi ad ascoltare senza pregiudizio tutte le parti di noi, a dare di volta in volta valore a tutto quello che siamo, creando un dialogo interiore che ci aiuterà a renderci più completi, più in pace e meno inclini a creare nemici, dentro e fuori di noi.